Anna Landolfi - 09.11.2024
È solo una prima meta raggiunta, ma non terminata. La strada che da tempo percorre Valerio Pisano.
Artista per caso, nonostante evidenti osservazioni dei suoi lavori che dimostrano una ricerca introspettiva frutto di una creatività innata che ha permesso un percorso naturale, storicizzando le fasi della sua crescita professionale.
Ha una ragione il titolo della mostra “Serendipità”. Una deduzione che conferma quanto l’inaspettato, ci sorprenda senza averlo cercato.
È un processo istintivo che ha coinvolto l’artista che stiamo apprezzando, e che ci permetterà di sorprenderci, proprio per la sua creatività.
La mostra alla quale state assistendo, è il primo atto di una sceneggiatura scritta e interpretata dai comunissimi e quasi inosservati oggetti di uso quotidiano.
L’evoluzione del suo pensiero della materia, culmina con la sua scultura posta nel Bosco Selene a Lanusei. Ultimo ma non termine, di un processo evolutivo che ancora dev’essere manifestato.
Sacerdote. Nel titolo, la mistica sacralità laica dell’artista. Gli artisti sono il transfert del Divino con gli uomini, e lo dimostra Valerio Pisano. E per osare sfidare gli Dei l’artista si propone con lavori che dissacrano ma non oltraggiano l’infinito.
La strada che cammina Valerio Pisano ha del misticismo esente dalla fede comune. La sua è una interpretazione introspettiva del suo “Se” e questo gli permette di osservare il mondo in cui vive con una visione approfondita delle cose. È una profusione Dadaista, che fa dell’oggetto, il senso primario della sua funzione. L’artista gli toglie la ragione per il quale è stato progettato e gli dà un’altra dimensione.
Ci trasfonde il suo pensiero completamente stravolto dall’origine. È una trasfusione intellettuale che scardina l’uso per il quale è stato pensato.
Provoca, stimola, sprona e ci fa anche sorridere, dopo tutto, una boccia di soluzione fisiologica, può anche diventare una flebo d’arte.
Così come i grandi Dadaisti dei primi del 900, da Picabia a Dermée fino a Mutt, che del Dadà, ne fanno un’arte di avanguardia sfidando i concetti accademici. Lo dimostrano le forbici a doppie punte, le manette con nacchere, e soprattutto la forchetta con boccone pronto. Potrebbe farci anche un po' rabbia pensare: “ Ma che roba è?” è invece la sua proposta a farci riflettere. Un invito a pensare. Tutto ciò di cui siamo circondati ha una funzione slegata all’uso e rivista con un altro obiettivo.
Destruttura l’ovvio, e così operando Valerio Pisano attraversa correnti artistiche applicandole su se stesso, elaborandole e producendo pezzi di arte contemporanea, testimoniando quanto un oggetto si muti in un altro oggetto, mantenendo la stessa struttura per la quale era stato pensato. L’artista da un altro valore allo stesso oggetto, e lo scopriremo tra poco.
Consideriamo l’artista un “amanuense”. Gli elaborati lavori grafici, rappresentano mondi iperrealistici. Figure astratte, minuziosamente tratteggiate a penna. Meticolosamente. Ecco la ragione di considerarlo “amanuense”. E gli amanuensi erano sacerdoti preposti per la loro infinita pazienza, alla riproduzione di testi e raffigurazioni sacre, ed ecco che ci riporta la sua mistica sacralità laica. Ovvio che l’artista va considerato nel nostro contemporaneo. E nulla osta di pensarlo come un artista dettato da leggi onnipotenti. Se ci sorprende, vuol dire che c’è del soprannaturale. L’arte è sempre segno di qualcosa di divino, altrimenti non ci commuoveremmo difronte a Michelangelo.
Valerio Pisano attraversa gli stadi della sua vita. La provocazione, il simbolismo grafico, le allusioni e i riferimenti al proprio uso. Il suo strumento, la comunissima penna a sfera, nasce una simbiosi sentimentale. Nascono i segni. La Bic diventa un segno. Attenzione, non un segnale. Il segnale indica, il segno necessità di interpretazione. Il modulo. La Bic diventa un modulo. Perduta la sua funzione d’uso, diventa protagonista con la regia del maestro.
La penna è ripetuta, è capovolta, distorta, ha mutazioni antropomorfe. Si ripete all’infinito, si anima.
Valerio Pisano la dirige. Come la serie delle coppie legate alla tradizione culturale del territorio. Le veste, le mette in posa, da ad ogni coppia una identità territoriale. Un omaggio alla sua terra e così la Bic comincia a diventare interprete. Come gli artisti di palcoscenico, i trasformisti, il ciclista, l’atleta, gli atleti, l’uomo di Vitruvio. Diremmo che omaggia l’infinito genio umano. Un esempio di trasformismo plateale? Bic come Arturo Brachetti. L’uomo, la penna, si trasformano in altre identità. Potremo osare paragonare l’artista, rischiando la blasfemia nel capolavoro della Cappella Sistina in cui Dio dà la vita ad Adamo. L’artista osa dargli una penna. Nel lavoro Adamo rossa, Valerio Pisano innocentemente, si burla dell’Arte. L’Arte definita come la famosa “A Maiuscola”. E’ il coraggio di osare. Ma i riferimenti a Leonardo da Vinci, a Michelangelo, sono omaggi ai geni. La dama non ha più l’ermellino, ma stringe una penna. San Sebastiano è trafitto da penne Bic. E trasgredire ossequiando il passato, l’artista lo rispetta. Prende dal passato e lo riporta a oggi. E’ uno storico. L’artista non azzarda previsioni. Il domani è una realtà utopistica. Non lo sa. Ma se è passato, perché esso è la storia.
Non manca di coraggio Valerio Pisano. È proprio quella penna Bic continua a destrutturarla. Diventa essa stessa soggetto della storia. Ne fa una beffa, che potrebbe essere uno scandalo, se non fosse leale con la storia.
Nel 1984 degli intelligentissimi studenti livornesi, fecero questa operazione: Portarono alla luce tre sculture di Modigliani, tre sculture che il tormentato artista gettò nell’Arno. Perfino Giulio Carlo Argan, straordinario storico dell’arte, ne fu beffato. La burla fu scoperta e i ragazzi denunciati. Ma in dubbio fu il messaggio “persuasione collettiva”.
Valerio Pisano, con le sculture dalle sembianze della penna a sfera Bic, persuade l’osservatore. Lo dimostrano le sculture forgiate e rese reperti archeologici. Questa operazione artistica non è prevedibile. È una scoperta ricavata da scavi di siti in cui c’era l’uomo. Reperti archeologici di presenza umana. Alta burla. Magistralmente prodotte in officina, rese antiche grazie alle tecniche di ossidazione, l’artista ci porta indietro nel tempo, dando un passato all’oggi chiamato contemporaneo.
Il termine contemporaneo, non ha un valore, non esiste il presente. Nel momento in cui si fa un’azione, questa è già passata. E mi accingo a farne un’altra che diventa cosa fatta, cioè passata. È una linea infinita cioè la vita. Con queste ragioni le sculture di Valerio Pisano, sono in realtà testimonianze del passato. Non si potranno considerare dei falsi storici. L’artista, ricercatore della storia dell’arte, mette in pratica quello che è un unicum, rendere quello specifico oggetto il protagonista eterno del tempo. Salta la storia. L’approfondisce. Interpreta a suo modo l’arte.
La serie “Kamasutra” è l’armonia. Il contesto fisico è un paradigma del comportamento tra gli esseri umani. La fisicità intesa quale assoluto atteggiamento di equilibrio. L’energia infusa tra due amanti che domina l’intero universo. E che lo facciano due penne Bic nulla toglie al loro ideale messaggio. Non c’è azione senza che essa sia fatta con l’amore. E Valerio Pisano lo dimostra con Serendipità.