Giada Pisano - febbraio 2025
1- Una domanda che probabilmente sorge spontanea a chiunque trovandosi di fronte alle tue opere: perché proprio la penna Bic?
E’ una domanda legittimissima. Mi è stata poste tantissime volte. Quasi mi sembra ovvia la risposta, ma non è così probabilmente.
Durante il periodo delle scuole elementari 1974/1978, era l’unico sistema che avevo per evadere dalle lezioni, che ritenevo noiose e difficili da seguire. Quindi usavo la penna per disegnare qualsiasi cosa mi venisse in mente. Ma non disegnavo sull’album da disegno, cosa che usavamo pochissimo, con i relativi pennarelli e pastelli. Alla materia “disegno” veniva dedicata solo un’ora il sabato, a volte mezz’ora. Un’eresia per me. Infatti disegnavo quasi sempre, in modo da non farmi notare, direttamente sui libri. Non sui quaderni che venivano sicuramente controllati maggiormente. Disegnavo con la penna Bic. Con la penna disegnavo sugli unici due libri che avevamo all’epoca. Ma per chi mi osservava, se mai ci fosse stato qualcuno che mi osservava, sembrava che prendessi appunti con la mia penna. Non ricordo di aver subito rimproveri per i disegni sui libri, quindi suppongo che venissero controllati solo i quaderni.
La penna è stata praticamente il mezzo che mi ha permesso di frequentare il mondo della fantasia perennemente e impunemente.
Con il passare degli anni ho continuato a disegnare con la penna qualsiasi soggetto fino a creare un tratto talmente impercettibile da far sembrare i miei disegni delle stampe. Questo fino all’estate del 2009, data in cui ho disegnato con la penna Bic il ritratto di una penna Bic. Facendo successivamente nascere le braccia a questa penna, animandola, vestirla e trasformarla in qualsiasi cosa. Basta visitare il mio sito o i miei profili sui social per vedere questi risultati.
Ecco. Dal 2009 ho “santificato”, ho reso grazie a questo semplicissimo strumento per avermi accompagnato per 50 anni, avendomi permesso di superare tutte le difficoltà che una persona può attraversare durante il periodo di crescita. I miei disegni sono il mio “Diario di bordo” e lo strumento per “redigerlo” è stato sempre lei. La penna Bic.
Inoltre con questi disegni ho creato un linguaggio. Un linguaggio non sempre e facilmente leggibile. A volte offuscato dall’impatto estetico. Una persona che vede un mucchio di tappi rossi, centinaia di tappi, a volte dice: “Che pazienza” “Che bello. Tutto a penna?” C’è però ben altro dietro. Quel linguaggio che uso per comunicare concetti, sentimenti, critiche, problemi sociali.
2-Come nascono le sue opere? Che impressione cerca di suscitare in chi le osserva? E in lei che impressione suscitano i suoi lavori?
Non faccio soltanto disegni di penne con le penne. Il filone delle penne è sicuramente quello più fortunato e di successo, ma ci sono altre opere che nascono da ispirazioni avute da una chiacchiera con chiunque, da forme che vedo tra le nuvole, da forme di pietre lavorate dalla natura, da comportamenti umani. Se non posso creare subito l’opera prendo appunti per poi pianificare la sua creazione con le tecniche che riterrò più adatte, senza trascurare nessun materiale.
Quello che non voglio suscitare è sicuramente l’indifferenza. Penso che sia un atteggiamento comune tra gli artisti.
Non tutti i lavori che faccio sono nati per regalare sorrisi, emozione che mi piace spesso stimolare. Cerco di lasciare un segno, di inquietare, di far riflettere. Anche se l’opera non dovesse piacere non è importante. Ciò che conta per me è che trasmetta qualcosa.
I miei lavori, quelli che riesco a terminare e corrispondono a ciò che avevo in mente, mi danno soddisfazione, mi appagano ed alcuni mi emozionano. Come la creazione, trasporto e posa del bronzetto di 5 metri al Bosco Selene di Lanusei. Mi ha regalato una bellissima emozione, di quelle che senti il groppo in go. Vedere mezzi cingolati, gru e tante persone riunite per il mio bronzetto.
3-Probabilmente non tutti sanno che il suo percorso inizia tanti anni fa, tanto che ha esposto le sue opere in diverse parti d’Italia ed all’estero. Ma nell’ultimo periodo, in particolare, ha donato alla sua cittadina diverse esperienze artistiche. Ci Racconti l’origine di queste idee e quali sono stati gli esiti del suo progetto.
La prima mostra che ho fatto è stata nel 1990, un’esposizione collettiva dove avevo esposto dei disegni bruttissimi. Ma erano pagine del mio “Diario di bordo” e all’epoca le ritenevo importanti. Ora lo sono di più.
Una persona che vide quei disegni disse: “Vi invidio il coraggio!” Questo bellissimo aneddoto mi è stato ricordato qualche mese fa. Questo coraggio è durato negli anni e spero abbia portato dei frutti.
Nel 2024 ho donato a Lanusei paese una installazione lungo la Via Roma con successiva cena in vetrina, il bronzetto gigante posto al Bosco Selene che ha dato inizio alla serie “Pop Art Arcaica” e successiva esposizione antologica presso il Museo Franco Ferrai di Lanusei. Una antologica “Light” visto che avevo tanti altri lavori da esporre ma non spazio a sufficienza. Tutte cose che non si erano ancora viste nei paraggi.
L’origine di questa idea di fare qualcosa per il mio paese è scaturita a seguito della creazione da parte di alcuni cittadini di una chat. “Salviamo il salvabile”
Tale chat era finalizzata a sensibilizzare tutti i cittadini a fare qualcosa per il proprio paese. Renderlo più decoroso, fiorito, bello. L’unica cosa che io potevo fare è stata questa.
Ho chiesto in prestito una bellissima vetrina lungo il corso e ci ho costruito una stanza con un tavolo sedie e vari oggetti tutti rivestiti con carta su cui c’erano stampati migliaia di tappi di penna blu, frutto di un mio disegno. Speravo che lo facessero altri artisti per rendere più illuminato il corso, visto che troppe vetrine erano spente. Ho donato la scultura con il bronzetto “Capo Tribù” alla cittadina, sempre con la stessa speranza.
Grazie ai social il filmato di questa scultura è arrivato a Parigi nella sede della Bic. L’esito è stato un incontro e l’esposizione al Museo Franco Ferrai.
4-Una valutazione critica della sua arte?
E’ strettamente legata all’originalità. “Originalità” è il complimento più ricevuto in assoluto.
Sono consapevole che il filone delle penne è una mia creazione. Sono tanti gli artisti che disegnano con le penne eseguendo bellissimi ritratti o altri soggetti, ma le penne animate, calzate e vestite, trasformate in ogni cosa e che possono compiere qualsiasi azione, sono cose che ho inventato io. La Pop Art Arcaica nasce assieme ai miei bronzetti a forma di penna. Sono veramente felice di essere riuscito a creare cose che non si erano ancora viste. Quindi ringrazio questo corpo che mi contiene e questa testolina che mi governa, che mi hanno permesso di raggiungere questo importante risultato.
5-La cosa a cui tiene di più, escludendo gli affetti familiari?
Sono più di una. La mia terra. La natura e i suoi ritmi. Il tempo per poterla contemplare. La fortuna di essere ancora sano. La fortuna di poter creare cose che piacciono. La fortuna di poter viaggiare. La consapevolezza di poter cambiare idea senza paura.
6-Carta bianca: C’è un argomento che le sta particolarmente a cuore riguardo alla sua arte, che nelle interviste non viene preso in esame?
Le incompiute. Proprio perché nessuno mi ha mai chiesto qualcosa sulle opere incompiute non ho mai pensato al motivo per cui sono rimaste tali. Quindi riflettendo su questo rispondo dicendo che le incompiute sono sicuramente frutto di lavori iniziati durante una fase di transizione e abbandonati per iniziare a fare qualcos’altro di più allettante. Per ora penso sia questo uno dei motivi per cui ho lasciato a metà diversi lavori.