TRACCE
La Penna Bic nel lavoro di Valerio Pisano
di François Kahn
L'uso della penna a sfera appartiene sicuramente ad un'ampia corrente dell'arte contemporanea, sia dalle parti dell'Art Brut (rivelata e difesa da Dubuffet) che a quella dell'Arte Povera (come ad esempio le superfici monocromatiche di Alighiero Boetti). Ma è affascinante scoprire le ricerche portate avanti da Valerio Pisano, nel campo dell'arte materiale e immateriale, su questo oggetto/strumento: la Penna Bic.
Vi si possono seguire diverse piste. In primo luogo quella di una ricerca di perfezione artigianale, formale, nella rappresentazione dell'oggetto: le variazioni di scala, colore, la moltiplicazione, la frammentazione, la decomposizione degli elementi dell'oggetto stesso (corpo esagonale trasparente, cappuccio, tappo, inchiostro, punta ecc.). Si tratta di una sorta di meta-linguaggio sull'oggetto che disegna e che, al tempo stesso, lascia una traccia della sua stessa figura, una traccia indelebile e dunque senza alcuna possibilità di correzione del gesto.
Questa prima pista si ramifica in diverse direzioni:
La rappresentazione antropomorfica dell'oggetto-penna, del suo corpo e della sua sessualità, dei suoi abiti, delle sue attività, della sua appartenenza alla storia dell'arte, in quella dei bronzetti nuragici in particolare.
La rappresentazione "fisiologica" dell'oggetto-penna, con la descrizione della sua crescita, riproduzione, malattia, vecchiaia e morte (con analisi, test chimici, prescrizioni e cartelle cliniche, ecografia, fino all'esame necroscopico e alla conservazione in formaldeide).
La rappresentazione dell'esaurimento materiale dell'oggetto-penna come conseguenza della sua stessa moltiplicazione esponenziale (dell'intero o delle sue parti costitutive), del suo invecchiamento (la cancellazione, la modificazione dei colori a causa della luce, l'accumulo dei residui di penne consumate), o della sua mummificazione (l'esposizione delle reliquie in teche di plexiglas).
Il gioco della smaterializzazione di tali rappresentazioni attraverso l'animazione video e la registrazione magnetica del rumore della penna che disegna su un supporto materiale.
Non si tratta qui che degli esiti più evidenti di questa diramazione.
Un'altra pista è quella dell'attivismo surrealista ("La bellezza sarà convulsa o non sarà", scriveva André Breton in Nadja). Valerio Pisano iscrive la penna a sfera contemporanea (la Penna Bic è nata ufficialmente nel 1950) nella storia dell'arte facendo una duplice operazione: da un lato egli piazza un oggetto anacronistico e quotidiano, un classico prodotto della creazione industriale, all'interno di una rappresentazione idealizzante della bellezza; dall'altra egli traccia manualmente o con mezzi virtuali, un segno dissacrante sull'immagine prescelta, icona religiosa o culturale, una sorta di graffito provocatorio e rivelatore, liberatorio.
Ma per comprendere appieno il valore di questa ricerca, bisogna tenere conto dell'ostinazione, dello zelo necessari per dominare la ripetizione minuziosa e implacabile che esige la cura artigianale dell'opera. Ciascun elemento, ciascun frammento, supporto, superficie, reliquiario, ciascun titolo d'opera si rapporta a una specie di "work in progress" o di patchwork, di mosaico o di tessitura in espansione. E, paradossalmente, ciascuno ci rinvia a una sorta di origine vivente, di ricordo sepolto, una concezione le cui tracce si leggono sulle pagine, ritrovate, dei quaderni e dei libri di scuola sui quali Valerio, ragazzino, scarabocchiava senz'altro scopo che quello di sfuggire alla noia e di viaggiare con la fantasia.
traduzione italiana di Juri Piroddi